lunedì 27 agosto 2012

7. L'ISLAMIZZAZIONE DELL'OCCIDENTE

"Ci sono segni che Allah concede la vittoria all'Islam in Europa, senza spade, senza armi, senza conquista.  L' Europa si trasformerà in un continente musulmano in pochi decenni" (frase attribuita a M. Gheddafi)

In Rete sta circolando un video sull’espansione demografica della popolazione islamica (Muslims Demographics:  http://www.youtube.com/watch?v=6-3X5hIFXYU         Di seguito si riassumono i contenuti. 



Il mondo sta cambiando. La cultura globale che i nostri figli erediteranno  sarà molto diversa da quella odierna. Stiamo per essere testimoni di un cambiamento demografico a livello mondiale. Secondo alcuni ricercatori affinché una cultura si mantenga viva, per più di 25 anni deve esserci un tasso di natalità pari a 2.11 figli per famiglia, un tasso inferiore porterebbe alla scomparsa della relativa cultura. Nella storia nessuna cultura con un tasso di natalità pari a 1.9 è mai riuscita a riprendersi. Culture con un tasso di natalità pari a 1.3 non hanno possibilità di sopravvivere, in quanto servirebbero dagli 80 ai 100 anni per correggere quel tasso negativo e non esiste un modello economico che possa supportare quella cultura morente. In pratica, se due coppie di genitori hanno ciascuno un solo figlio, la nuova generazione di quelle due famiglie si dimezzerà, e se quei due figli si sposano e anche loro avranno un solo figlio, il tasso di natalitàò diminuisce di un quarto. Se nel 2006 sono nati solo un milione di bambini, sarà difficile avere due milioni di adulti come forza lavoro nel 2026. Mentre una popolazione diminuisce, nello stesso modo va perdendo valore la relativa cultura. Nel 2007 il tasso di natalità corrispondeva in Francia a 1.8, in Inghilterra era 1.6, in Grecia 1.3, in Germania 1.3, in Italia 1.2, in Spagna 1.1. Il tasso di natalità nell’Unione Europea è pari a l’1.38. La statistica ci dice che ormai è impossibile recuperare la situazione, è solo questione di anni e l’Europa come la conosciamo adesso, non esisterà più. Tuttavia la popolazione in Europa non è in declino. Il trend negativo è compensato dall’immigrazione, soprattutto islamica. Dal 1990 la crescita demografica europea è costituita per il 90°% dall’immigrazione islamica. In Francia la media è 1.8 figli per famiglia; la popolazione islamica ha una media di 8.1  figli per famiglia. Nel sud della Francia, tradizionalmente cattolico, vi sono più moschee che chiese. Il 30% dei ragazzi  di età inferiore ai 30 anni sono musulmani. Nelle città più grandi come Nizza, Marsiglia e Parigi quel numero è cresciuto del 45%,  nel 2027 un francese su cinque sarà musulmano: in soli 39 anni la Francia sarà diventata una repubblica musulmana. Negli ultimi 30 anni la popolazione musulmana della Gran Bretagna  è cresciuta di 30 volte, ovvero da 82.000 a 2.5 milioni di individui. Questo Stato ha più di mille moschee, molte delle quali erano in passato delle chiese. In Olanda il 50% dei neonati sono musulmani. In soli 15 anni la metà della popolazione sarà musulmana. In Russia ci sono oltre 23 milioni di musulmani, vale a dire un russo su cinque, e il 40°% dell’esercito russo sarà musulmano tra pochissimi anni. Attualmente in Belgio il 25% della popolazione è musulmana, così come il 50%  dei neonati. Il governo belga ha affermato che 1/3 dei bambini europei sarà musulmano entro il 2025. Mancano solo 17 anni. Il governo tedesco, che è stato il primo governo a denunciare apertamente queste situazioni, ha recentemente dichiarato che la decrescita della popolazione tedesca  è inarrestabile. e la Germania sarà una nazione musulmana entro il 2050. Il leader libico Gheddafi ha dichiarato: “Ci sono segni che mostrano che Allah darà la vittoria all’Islam in Europa senza l’utilizzo di spade, di pistole, senza battagli; non abbiamo bisogno di terroristi e di kamikaze. Oltre 50 milioni di musulmani in Europa renderanno questo continente un continente islamico in pochi decenni". Ci sono al momento 52 milioni di musulmani in Europa, il governo tedesco ha dichiarato che questo numero è destinato a raddoppiare nei prossimi 20 anni arrivando a 104 milioni di musulmani. Anche in America i numeri parlano chiaro. Al momento il tasso di natalità in Canada è pari a 1.6, cioè quasi un figlio in meno del necessario, e l’Islam è la religione che si sta sviluppando più velocemente. Tra il 2001 e il 2006 la popolazione del Canada  è aumentata di 1.6 milioni di cui  1.2 milioni grazie all’immigrazione. Negli USA il tasso di natalità dei cittadini  americani è pari a 1.6, con l’influsso delle popolazioni latine sale fino 2.11, appena il minimo per sostenere una cultura. Nel 1970 c’erano 100.000 musulmani in America, nel 2008 erano 9.000.000.  Il mondo sta cambiando. Alcune statistiche indicano che l’Islam sta superando i fedeli cattolici per numero. Fra 5 o al massimo 10 anni l’Islam sarà la religione dominante. ROBERTO RAPACCINI    

mercoledì 22 agosto 2012

6. IL PROGRAMMA NUCLEARE DELL’IRAN


Siamo abituati a considerare l’Iran un Paese dai connotati fortemente irrazionali, soprattutto per pregresse eclatanti iniziative nel campo della politica estera. Tuttavia la decisione di questi ultimi tempi di intraprendere un programma nucleare, con il probabile intento di dotarsi di armamenti atomici, appare invece fondarsi su principi molto logici, sebbene non condivisibili. Per giungere a questa conclusione è necessario svolgere alcune considerazioni. Nella seconda metà del XX secolo, fino agli anni ottanta, la contrapposizione fra mondo arabo (o, più ampiamente, islamico) e Occidente aveva come unico fronte la questione medio - orientale, o, più precisamente ‘israelo –palestinese’: in questo contesto il mondo si divideva fra alleati di Israele e simpatizzanti dei Paesi arabi limitrofi ad esso. Successivamente la contrapposizione tra Islam ed Occidente ha compiuto un salto qualitativo. Si è globalizzata sostituendo il vuoto geopolitico lasciato dalla caduta del muro di Berlino. In altri termini, alla contrapposizione tra Occidente e Paesi comunisti si è sostituito il fronte fra Islam ed Occidente. In questo contesto le questioni locali, come quella medio-orientale, hanno ridotto la loro importanza sfumando in un quadro molto più generale. L’Iran con le sue iniziative si è andato progressivamente accreditando come la punta avanzata del fondamentalismo islamico, mentre gli USA costituivano l’avamposto dell’Occidente. Questa nuova realtà cominciò evidenziarsi a tutti in maniera evidente con la crisi politica che si ebbe fra Iran e Stati Uniti nel ’79 a Teheran a seguito del sequestro di una cinquantina di membri dell’Ambasciata americana durante la rivoluzione che sostituì alla monarchia una repubblica islamica. Peraltro da allora le Rappresentanze Diplomatiche dell’Iran in Occidente hanno sempre svolto un ruolo molto attivo da un punto di vista politico ed operativo. L’Iran tuttavia è un Paese che ha vari fronti: innanzitutto nell’ambito del mondo islamico la sua leadership non è pacifica. E’ un Paese a maggioranza Sciita. Gli Sciiti sono solo il 10-20% degli islamici nel mondo. Inoltre l’Iran coabita con una forte latente contestazione interna soprattutto di estrazione giovanile. Se la contestazione, come è avvenuto in altri Paesi in occasione della Primavera Araba, si manifestasse più apertamente, l’eventuale dura reazione del regime potrebbe determinare l’intervento esterno anche di Paesi occidentali e conseguentemente, la possibile caduta del regime degli Ayatollah, come analogamente è avvenuto in altri Paesi quali la Libia e l’Egitto, guidati da governi che sembravano particolarmente saldi. Nell’ambito di queste tensioni e utilizzando le potenzialità fornite dalla Rete nel dicembre del 2011 gli USA hanno aperto sul Web un'ambasciata virtuale con l’intento di comunicare con gli iraniani in assenza di legami ufficiali fra i due Paesi. L’Ambasciata‘virtuale’ è uno strumento per svolgere un’attività di informazione presso l’opinione pubblica iraniana. Le autorità iraniane hanno manifestato una forte irritazione per questa iniziativa che considerano un’ingerenza nei loro affari interni. La minaccia nucleare pertanto è uno strumento estremo che il Paese può frapporre per contenere eventuali iniziative ostili esterne di supporto ad un’eventuale ‘primavera iraniana’, cioè ad una contestazione interna. Principalmente il concretizzarsi di questa minaccia ha determinato iniziative politiche ed economiche (come embarghi commerciali) da parte di Paesi ed istituzioni occidentali o, intimidazione dissuasiv e belliche come quelle paventate da Israele. Un’ultima considerazione: la compattezza dei fronti geo-politici, come quello fra Islam e Occidente, è minata dagli interessi economici e finanziari. Si pensi, ad esempio, alla pregressa ‘amicizia’fra Talebani e il governo americano, che sperava di riuscire a costruire con il loro appoggio un oleodotto che collegasse le zone ricche di petrolio del Caucaso, sulle quali vi erano oggettivi interessi di una compagnia americana, con uno sbocco marittimo nell’Oceano Indiano: il petrolio centrasiatico fu il reale motivo che determinò le scelte strategiche statunitensi nei confronti dell’Asia Centrale e dell’Afghanistan in particolare. La frase di un petroliere americano in occasione di un’audizione di fronte al Congresso nel 2001 ben riassume questi intenti: “Finché aKabul non ci sarà un governo che goda della fiducia degli Usa e della nostra compagnia, quell'oleodotto non sarà possibile”. Roberto Rapaccini.

sabato 18 agosto 2012

5. IRAN ISRAELE. GUERRA?




Il Corriere della Sera ha recentemente pubblicato la notizia relativa ad una fuga di informazione circa il proposito di un sofisticato attacco da parte di Israele all’Iran, con l’obiettivo di annientare le capacità di sviluppo nucleare del regime islamico e distruggere le installazioni missilistiche evitando così una controffensiva iraniana in territorio israeliano. L’attacco consisterebbe in  un’aggressione coordinata, preceduto da un attacco cibernetico che dovrebbe mettere fuori uso in pochi minuti  infrastrutture e ogni forma tecnologica di comunicazione (Internet, telefoni, radio, tv, comunicazioni satellitari,  connessioni in fibra ottica fra gli edifici strategici del Paese) con l’obiettivo di impedire al regime iraniano di sapere quello che sta avvenendo entro i suoi confini e mettere fuori uso infrastrutture e soprattutto basi missilistiche. Nella seconda fase l’Iran sarebbe destinatario di un attacco missilistico specificamente mirato. Seguirebbe la terza fase caratterizzata dall’invio di missili da crociera che “saranno lanciati per mettere ko i sistemi di comando e controllo, di ricerca e sviluppo e le residenze del personale coinvolto nel piano di arricchimento” dell’uranio. “Subito dopo -  scrive il dossier - il nostro satellite di ricognizione TecSar passerà sopra l’Iran per valutare i danni agli obiettivi. Le informazioni saranno trasferite ai nostri aerei in volo”  verso Teheran, “velivoli dotati di tecnologia sconosciuta al grande pubblico e anche al nostro alleato americano”, “invisibili ai radar” e inviati in Iran per finire il lavoro, “colpendo un elenco ristretto di obiettivi” che hanno bisogno di ulteriori assalti per essere disinnescati definitivamente. Queste informazioni sono state rivelate  da un blogger  israelo – americano sul suo sito ‘Tikun Olam’ (Riparare il mondo, in ebraico); il blogger è considerato un ‘Wikileaks d’Israele’. Le informazioni proverrebbero da un documento governativo riservato da cui risulterebbe che Netanyahu e Barak (rispettivamente Primo Ministro e Ministro della Difesa) farebbero sul serio. Alcuni giornali hanno anche pubblicato notizie secondo le quali  Israele avrebbe  preparato la popolazione ad un eventuale reazione bellica iraniana, che provocherebbe un conflitto che potrebbe durare trenta giorni e interessare più fronti contemporaneamente. Questa notizia dal carattere così eclatante va tuttavia attentamente analizzata. All’interno di Israele vi è un ampio dibattito democratico dal quale emergono posizioni lontane fra di loro, sugli aspetti relativi alla politica estera del Paese. Tuttavia l’apparato di sicurezza esterna, di vitale importanza per la sopravvivenza dello Stato (anche se la differenza tra sicurezza ‘esterna’ ed ‘interna’ in Israele è molto sfumata),  si è sempre dimostrato molto compatto ed efficiente. Appare pertanto poco credibile che una falla in questo sistema abbia provocato una fuga di notizie così rilevanti. Sembrerebbe quindi non ipotizzabile ‘l’involontarietà’ di questa diffusione di informazioni segrete che invece  potrebbe rientrare in una strategia dissuasiva. In altri termini la pace fra Israele, costantemente sotto assedio, e i suoi nemici, in particolare l’Iran, è fondata prevalentemente sulla reciproca paura. Il piano di aggressione pertanto avrebbe una natura intimidatoria. Tuttavia bisogna considerare anche che Israele è sempre pronto ad iniziative belliche quando se ne ravvisi la necessità. In passato l’alleato americano ha frenato in più di una occasione le reazioni di Israele ad alcune ‘provocazioni’, ma attualmente l’influenza statunitense sulle scelte di  politica estera dello Stato ebraico e sulle sue conseguenze si è sicuramente ridotta. In conclusione il carattere intimidatorio della pianificazione dell’attacco nei confronti dell’Iran non esclude che la situazione evolva  verso un reale conflitto fra i due Paesi, anche se questa ipotesi, così pericolosa per la sicurezza non solo del Medio Oriente ma dell’intera comunità mondiale, al momento appare remota. Roberto Rapaccini

venerdì 17 agosto 2012

4. LE MADRASE



La parola madrasa in arabo nell’uso comune genericamente indica qualsiasi istituto scolastico; in un’accezione più specifica viene riferita alle scuole che propongono un percorso educativo orientato e focalizzato all'apprendimento dei fondamenti dell'Islam, della lingua araba  e, complessivamente,  della cultura islamica. In alcuni Paesi, come l’Egitto ed il Libano, prevale il significato generico; in altri, come il Pakistan e il Bangladesh, le madrase sono le scuole religiose islamiche, soprattutto di livello primario e secondario (ma anche di livello universitario). Le madrase possono essere associate a moschee ed essere luoghi di residenza per studenti e insegnanti: la madrasa in questo caso diviene centro di una comunità confessionale e  il processo educativo si colloca all’interno di una dimensione di vita nella quale esiste solo l’Islam che convive con l’incapacità di guardare in maniera obiettiva le altre culture. Si sviluppa così un approccio alla vita di tipo fondamentalista, nel quale ogni problema trova soluzione nella religione presentata in maniera acritica e dogmatica, mentre  il resto del mondo è considerato infedele poiché adotta una visione laica della fede religiosa che, confinata nella sfera individuale,  non può imporsi come modello socio-politico. L’Occidente, per questo approccio laico, è considerato in generale l’origine di ogni male e da un punto di vista economico e sociale la causa di ogni disfunzione .  Non c’è una correlazione fra l’insegnamento nelle madrase ed il terrorismo; tuttavia è innegabile che in esse si consolida una cultura anti-occidentale, che in alcuni casi, a seguito di inclinazioni personali o condizionamenti di vario genere, può incoraggiare azioni estreme, che maturano individualmente o in un contesto organizzato.  ROBERTO RAPACCINI

domenica 5 agosto 2012

3. AL JAZEERA


L’emittente televisiva Al Jazeera fu voluta, creata e finanziata dall’Emiro del Qatar con l’intento di elevare il suo Stato, irrilevante da un punto di vista politico a principale centro culturale della regione araba. L’emittente è stata lanciata nel 1996 in lingua araba, mentre dal 2005 trasmette anche in lingua inglese. Già dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale l’attività giornalistica si sviluppò anche nei Paesi arabi; la mancanza di democrazia e il carattere confessionale della maggior parte degli Stati arabi impedì tuttavia l’affermarsi di una piena libertà di stampa. Al contrario, Al Jazeera ha voluto promuovere uno stile giornalistico di modello occidentale dal punto di vista organizzativo ed editoriale, nell’impaginazione e presentazione dei servizi, nel coinvolgimento di tutte le parti in causa in una questione al fine di realizzare un libero dibattito.  L’Arabia Saudita, da sempre ostile ad Al Jazeera, ha cercato di farle concorrenza creando Al Arabiya, una televisione di lingua araba che ha cercato di imitare i format e l’impostazione di Al Jazeera, senza tuttavia riscuotere particolare successo.ROBERTO RAPACCINI