La Primavera araba ha dimostrato che le turbative tendono a
favorire l’ascesa di nuovi regime. Sarebbe pertanto da aspettarsi la caduta di Bashar
al-Asad. Tuttavia la crisi siriana sembra avere dei caratteri propri. La situazione
attuale ed in particolare il consenso informale della comunità internazionale sul
piano di Ginevra, elaborato dal cosiddetto Gruppo d’Azione dell’Onu, prevede la
costituzione di una compagine governativa di unità nazionale con membri dell’attuale
regime integrata da rappresentanti dell’opposizione. La Russia insiste sulla
circostanza che il nuovo assetto non escluda la permanenza di Assad, che quindi
potrebbe conservare la sua carica fino alle elezioni presidenziali del maggio
2014, e anche successivamente, data l’assenza di altre personalità politiche emergenti,
mentre il fronte dell’opposizione appare sempre più indebolito dalla mancanza
di una linea politica comune. Anche se
in occidente sono trapelate notizie sulla durezza della repressione dei moti
rivoluzionarie e sulle numerose e gravi violazioni dei fondamentali diritti
umani, le reazioni delle istituzioni internazionali si sono limitate ad embarghi
ecomonici e a deboli sanzioni. Si ripete un copione già vissuto dai siriani in
passato. Già sotto la presidenza di Hafiz, padre di Bashar, venne repressa con
il pugno di ferro nel 1982 una rivolta organizzata dai sunniti Fratelli Musulmani che costo la vita ad almeno
30 mila persone in 27 giorni di repressione. L’eccidio passò alla storia come
il ‘massacro di Hamah’ e il popolo siriano ebbe la cosapevolezza di quanto
stabile, forte e spietato fosse il potere degli Assad. Grazie ad Hafiz ed al suo modo autoritario di
gestire il potere, il Paese ha conosciuto una tranquilla e solida fase di vita
istituzionale dopo decenni di colpi di Stato. Per questo motivo, considerata l’instabilità
dell’area mediorientale, la comunità internazionale ha sempre considerato la
Siria un punto di riferimento. Attualmente il Paese può contare sul forte
sostegno della Russia, il suo principale fornitore di armi, e della Cina,
nonchè sull’ombra lunga dell’Iran. Russia e Cina bloccano qualsiasi intervento
esterno e premono per una soluzione negoziata che mantenga al potere Assad. La sua
rimozione, sostiene in particolare la Russia, potrebbe far precipitare il Paese
in un ‘lungo inverno’. Nemmeno USA e
Unione Europea sono favorevoli ad un’azione militare. Già la crisi economica
sconsiglia ogni iniziativa del genere. I ritorni negativi dell’intervento della
NATO nella Libia, che vive oggi momenti più difficili e di insicurezza rispetto
al periodo in cui era al potere Gheddafi sono un’ulteriore remora. Allora non
fu considerato che mancava un leader alternativo a Gheddafi ed il Paese è
precipitato nell’anarchia, diventando un nuovo Afghanistan. La Fratellanza
Musulmana siriana è sempre una presenza di rilievo, ed è collegata a quella
egiziana. Gli sviluppi della situazione sono pertanto di difficile previsione,
e soprattutto nessun attore appare al momento in grado di determinare una
svolta. ROBERTO RAPACCINI