euro Press Research,
sito del Centro Studi per il Progetto Europeo, ha recentemente pubblicato un interessante
articolo di Michele Marchi che analizza le recenti evoluzioni dei rapporti fra
la ‘laica’ società francese ed il mondo islamico. La Francia, com’è noto, è un
Paese a forte presenza musulmana e può essere considerato la punta
avanzata dei rapporti fra Islam e Occidente. L’articolo parte dalla descrizione
di due episodi. Il primo è l’occupazione del cantiere di una
grande moschea in costruzione, messa in atto dai militanti - circa una
settantina - di una piccola formazione di destra. La polizia nell’occasione ha operato
alcuni fermi ed ha emesso alcune denuncie per provocazione all’odio razziale. Sia
la Maggioranza sia l’Opposizione hanno sottolineato che lo Stato non tollera integralismi, ma nello stesso
tempo non accetta aggressioni nei
confronti di qualsiasi credo religioso. Aspetti più complessi presenta il
secondo episodio. In un liceo nella
periferia di Parigi alcune studentesse musulmane si sono presentate alle
lezioni vestite con lunghi abiti di colore scuro che si chiamano abayas. Pochi giorni dopo la direzione
scolastica ha convocato i genitori delle ragazze in questione per ricordare
loro che la legge dello Stato non consente simboli religiosi nelle scuole della
Repubblica. La questione è successivamente salita di importanza poiché le ragazze,
supportate anche da autorità religiose, hanno persistito nel loro abbigliamento all’interno dell’istituto
scolastico precisando che l’abaya, la
loro veste, è un simbolo culturale e non religioso. I due esempi, uniti ad
altri analoghi episodi, sono significativi
sia di un'avversione di alcuni strati della popolazione francese nei confronti
della religione islamica, sia delle difficoltà dell’Amministrazione francese di
assicurare coerenza alla propria scelta di laicità. Da sondaggi risulta che i francesi
sono sempre più critici nei confronti dell’Islam. Il 43% dei
cittadini francesi considera l’islam una minaccia, mentre il 63% ritiene che
questo credo religioso abbia troppa importanza nel dibattito socio-politico del
Paese. Nel 1989 il 33% dei francesi era
favorevole alla costruzione di moschee; oggi questo dato è sceso al 18%. Nello stesso
periodo la percentuale di chi si oppone al velo indossato in strada è passata
dal 31% al 63%. Attualmente il 90% dei francesi è contrario alla possibilità
di indossare il velo o il foulard a scuola; negli anni Ottanta la percentuale
era solo il 75%. Sembra quindi che si stia radicando un’ostilità nei confronti
della componente musulmana. Questi dati
inducono a ritenere che gli episodi di intolleranza
non siano posizioni di una minoranza fanatica, razzista e xenofoba, ma
integrino un atteggiamento più ampiamente diffuso. Anche la professata laicità
dello Stato francese affronta una difficile prova perché, come mostra il citato
episodio avvenuto nel liceo parigino, questa, da principio che dovrebbe
assicurare l’autonomia da ingerenze religiose e culturali, può trasformarsi in
uno strumento lesivo delle manifestazioni di libertà di fede. Si avverte la
necessità, per evitare le difficoltà nelle quali possono trovarsi le autorità amministrative, che il legislatore
francese disciplini le relazioni fra la componente islamica e quella occidentale in quella società assumendosi responsabilità, e adatti la
normativa ai mutamenti in atto. Per quanto riguarda la pratica religiosa
i più attendibili sondaggi, che in questo ambito vanno considerati con
particolare prudenza, affermano che il 65% dei cattolici praticanti ha più di
50 anni, mentre il 73% dei musulmani praticanti ha meno di 54 anni. Se si passa
poi alla pratica religiosa per i minori di 34 anni, la percentuale dei
Cristiani è del 18%, quella dei Musulmani è il 48%. Considerata la popolazione
globale francese, la stima di quella musulmana (circa 4,5 milioni) e il numero
di praticanti per Islam e Cristianesimo, è realistico affermare che oggi in
Francia, per ogni giovane cattolico praticante ve ne sono tre di religione
islamica. Quello che ha l’apparenza di un momento di crisi è in realtà un
fenomeno di ben più ampia e radicale portata. ROBERTO RAPACCINI